venerdì 12 dicembre 2025

Antonio Piluso – Amara: tra jazz, radici siciliane e nuove contaminazioni per raccontare una terra inquieta e luminosa | Redapolis Music Blog

Antonio Piluso – Amara

Antonio Piluso – Amara (Dodicilune, 2025)

Un viaggio tra tensione, radici siciliane e contaminazioni sonore

Ci sono dischi che non cercano una risposta, ma un varco. Amara, il nuovo lavoro di Antonio Piluso pubblicato da Dodicilune il 28 novembre 2025, è uno di quei luoghi sonori in cui tensione e quiete si sfiorano senza mai toccarsi davvero. Un racconto nato dal desiderio di restituire la complessità della Sicilia: non un’immagine da cartolina, ma una terra che pulsa di contrasti, di bellezza e fatica, di memorie antiche e tempeste improvvise.

Alla guida del suo quartetto – con Salvo Amore alla chitarra, Alessio Tirrò al basso elettrico e al contrabbasso, Alessandro Borgia alla batteria – Antonio Piluso, al soprano e all’alto sax oltre che autore di tutte le composizioni, firma sette brani originali che si muovono tra jazz, richiami etnici, pulsazioni rock e frammenti fusion.

“Amara” è una parola che contiene un mondo. Piluso la affida al titolo come chi consegna una chiave: singolare e plurale insieme, verbo e aggettivo, racchiude due emozioni opposte che convivono nel quotidiano siciliano. Nei brani si avverte la luce che apre gli spazi e l’ombra che li richiude, la forza delle radici e un’inquietudine che attraversa ogni gesto, ogni paesaggio interiore. Musicalmente, il disco naviga tra jazz, contaminazioni etniche, rock e fusion: una tavolozza ampia che Piluso utilizza con discrezione e profondità, lasciando che il dialogo tra sax, chitarra, basso e batteria racconti storie senza bisogno di parole.

Amara, title track del disco, apre il percorso con un respiro largo, quasi un richiamo. Il sax di Piluso entra come una voce che conosce la ferita e la custodisce, mentre il quartetto costruisce un paesaggio che oscilla tra calma apparente e correnti sotterranee. È un’introduzione che non spiega, ma invita a entrare: la Sicilia come luogo emotivo prima che geografico.

Con Idea la luce cambia: la musica sembra nascere da un moto interno, un’intuizione che si sviluppa per gradi. La chitarra di Amore apre spiragli, poi si allarga in un assolo che dà respiro al brano e ne amplia l’orizzonte, mentre il basso di Tirrò, in un assolo notevole, sostiene e arricchisce il cammino. Anche la batteria di Borgia prende spazio con un assolo incisivo, scandendo e modulando tensione e rilascio, creando uno sfondo pulsante su cui Piluso muove una melodia che cresce senza mai diventare prevedibile, come un pensiero che si chiarisce mentre lo attraversi.

Introdotto dal basso di Tirrò, 197 porta altrove: un brano teso, quasi trattenuto, costruito su incastri e fasi alternate. In certi momenti il ritmo regolare della sezione ritmica diventa quasi una marcetta, creando un contrasto curioso con le linee del sax di Piluso, che restano misurate e decise, senza cedimenti. Verso la fine del brano, basso e chitarra dialogano da soli, intrecciando frasi e motivi prima che la chitarra rimanga sola, chiudendo il pezzo con un gesto asciutto e sospeso. La batteria di Borgia mantiene un profilo attento, pronta a modulare direzione e tensione. È una tensione che non si concede appigli.

In Malu Tempu si apre un piccolo dramma sonoro: il sax scandisce frasi incisive, la chitarra risponde con echi sospesi, il basso accompagna come un’eco lontana e la batteria guida sottotraccia, suggerendo tensioni e pause. Il brano sembra un racconto teatrale in musica, capace di mescolare inquietudine e lirismo, un riflesso del vuoto e delle contraddizioni del presente.

Un solo di batteria apre Scallia, introducendo un episodio più mobile ma capace di suscitare una sottile inquietudine. Il sax di Piluso si intreccia con le trame della chitarra di Amore in un dialogo vivo e penetrante, che richiama atmosfere e sonorità legate alle radici siciliane. Il brano scorre sospeso, lasciando percepire una tensione latente, come un’ombra che accompagna la luce.

Con Sichillia il suono si fa visione: il sax si libra come un richiamo lontano, la chitarra disegna bagliori intermittenti, il basso scivola silenzioso come corrente sotterranea e la batteria segna istanti sospesi, frammentando il tempo. L’ascoltatore viene trasportato in un paesaggio sonoro irreale, dove futurismo e quotidianità si intrecciano in un’alchimia delicata, capace di evocare meraviglia, tensione e una bellezza stranamente familiare.

Vespri chiude il viaggio lasciando uno spazio aperto: il sax di Piluso pronuncia frasi sospese, leggere e fluttuanti, mentre la chitarra diffonde bagliori sfumati e il basso, insieme alla batteria, richiama echi di vicoli addormentati, tra il calore della Sicilia e atmosfere lontane. Il finale non risolve nulla, ma lascia che le emozioni rimangano sospese, come ricordi che lentamente si allontanano nell’aria.

Amara non è un disco che cerca di confortare o di dare risposte semplici. È piuttosto un viaggio dentro le contraddizioni, le tensioni e le bellezze nascoste della Sicilia e, insieme, della nostra vita interiore. Antonio Piluso e il suo quartetto non indulgono nella facile spettacolarità: ogni nota, ogni assolo, ogni dialogo tra strumenti sembra misurato, sospeso tra caos e quiete, tra memoria e intuizione. L’ascolto diventa così un’esperienza personale, un confronto con emozioni contrastanti, a volte struggenti, a volte illuminate da lampi di improvvisa chiarezza.

Per tutti coloro che hanno voglia di ascoltare qualcosa che esce dai soliti cliché e non si limitano ai consueti standard, Amara è un ottimo esempio di come ci si possa spingere con le contaminazioni senza risultare scontati, offrendo un lavoro carico di creatività e ottimamente suonato. Alla fine, ciò che resta non è la risoluzione di un conflitto, ma la consapevolezza di aver attraversato un paesaggio sonoro intenso, vivo, autentico: un luogo in cui tensione e bellezza convivono, e in cui la musica di Piluso lascia una traccia profonda, capace di accompagnare l’ascoltatore ben oltre il tempo del disco.

 English version

 Antonio Piluso – Amara (Dodicilune, 2025)

 A journey through tension, Sicilian roots, and sonic explorations

Some albums don’t seek an answer, but a passage. Amara, the new work by Antonio Piluso released by Dodicilune on November 28, 2025, is one of those sonic places where tension and calm brush against each other without ever truly meeting. It is a story born from the desire to convey the complexity of Sicily: not a postcard image, but a land that pulses with contrasts, beauty and hardship, ancient memories, and sudden storms.

Leading his quartet – with Salvo Amore on guitar, Alessio Tirrò on electric and double bass, and Alessandro Borgia on drums – Antonio Piluso, on soprano and alto saxophone and as the composer of all the pieces, signs seven original tracks that move between jazz, ethnic echoes, rock pulses, and fusion fragments.

Amara is a word that contains a world. Piluso entrusts it to the title as if handing over a key: singular and plural at once, verb and adjective, it embodies two opposing emotions that coexist in everyday Sicilian life. In the tracks, one can sense light opening spaces and shadow closing them, the strength of roots, and a restlessness that crosses every gesture, every inner landscape. Musically, the album navigates jazz, ethnic influences, rock, and fusion: a wide palette that Piluso employs with subtlety and depth, allowing the dialogue between sax, guitar, bass, and drums to tell stories without words.

Amara, the title track, opens the journey with a broad breath, almost a call. Piluso’s sax enters like a voice that knows and preserves wounds, while the quartet builds a landscape that swings between apparent calm and hidden currents. It is an introduction that doesn’t explain, but invites entry: Sicily as an emotional space before a geographical one.

With Idea, the light changes: the music seems born from an inner motion, an intuition that unfolds gradually. Amore’s guitar opens glimpses, then expands into an expressive solo that breathes and widens the track, while Tirrò’s bass, in a remarkable solo, supports and enriches the path. Borgia’s drums also find space with a sharp solo, marking and shaping tension and release, creating a pulsating backdrop over which Piluso develops a melody that grows without ever becoming predictable, like a thought clarifying itself as you traverse it.

Introduced by Tirrò’s bass, 197 carries the listener elsewhere: a tense, almost restrained piece, built on interlocking phrases and alternating sections. At times, the steady rhythm of the section evokes a curious contrast with Piluso’s sax lines, which remain measured and determined. Towards the end, bass and guitar converse alone, intertwining motifs before the guitar remains solo, closing the piece with a spare and suspended gesture. Borgia’s drumming remains attentive, ready to shape direction and tension. It is a tension that allows no footholds.

In Malu Tempu, a small sonic drama unfolds: the sax punctuates incisive phrases, the guitar responds with suspended echoes, the bass accompanies like a distant echo, and the drums guide subtly, suggesting tension and pauses. The track feels like a theatrical story in music, blending unease and lyricism, a reflection of emptiness and present-day contradictions.

A drum solo opens Scallia, introducing a more mobile episode that evokes a subtle unease. Piluso’s sax weaves with Amore’s guitar lines in a vivid, penetrating dialogue, recalling sounds and atmospheres tied to Sicilian roots. The track flows suspended, leaving a latent tension, like a shadow accompanying light.

With Sichillia, sound becomes vision: the sax soars like a distant call, the guitar sketches intermittent glimmers, the bass glides silently like an underground current, and the drums mark suspended moments, fragmenting time. The listener is transported into an unreal soundscape, where futuristic hints and everyday life intertwine in a delicate alchemy, evoking wonder, tension, and a strangely familiar beauty.

Vespri closes the journey, leaving an open space: Piluso’s sax delivers suspended, light, floating phrases, while the guitar spreads soft, blurred reflections and the bass, together with the drums, evokes the echoes of sleepy streets, between the warmth of Sicily and distant atmospheres. The ending resolves nothing, letting emotions remain suspended, like memories slowly fading into the air.

Amara is not an album that seeks to comfort or provide simple answers. It is rather a journey into contradictions, tensions, and hidden beauties of Sicily and, at the same time, of our inner lives. Antonio Piluso and his quartet do not indulge in easy spectacle: every note, every solo, every interaction between instruments feels measured, suspended between chaos and calm, memory and intuition. Listening becomes a personal experience, a confrontation with contrasting emotions, sometimes poignant, sometimes illuminated by sudden flashes of clarity.

For those willing to listen beyond clichés and standard repertoire, Amara is an excellent example of pushing boundaries with creative contaminations, without ever feeling predictable, delivering a work full of imagination and superbly performed. In the end, what remains is not the resolution of a conflict, but the awareness of having traversed an intense, alive, authentic sonic landscape: a place where tension and beauty coexist, and where Piluso’s music leaves a deep mark, capable of accompanying the listener far beyond the album’s duration.