lunedì 1 dicembre 2025

In Absentia di Giuseppe Petrucci/Instant Curtain: un viaggio sonoro in continuo mutamento | Redapolis Music Blog

Giuseppe Petrucci / Instant Curtain - In Absentia

Giuseppe Petrucci / Instant Curtain - In Absentia (G.T. Music Distribution, 2025)

Dove ogni suono diventa metamorfosi e ogni silenzio si fa pulsazione

In Absentia di Giuseppe Petrucci / Instant Curtain non somiglia a un semplice disco: è piuttosto un attraversamento, un varco sonoro che ti porta in un luogo dove le forme si allentano e i confini si perdono di definizione. Arrivato al quarto passo del progetto, Petrucci sembra aver trovato un punto di equilibrio tutto suo, un modo di muoversi nell’avanguardia senza scivolare mai nella freddezza del puro esercizio intellettuale.

Qui il suono non resta fermo un istante: si incrina, si moltiplica, cambia pelle, scivola da un ordine provvisorio all’altro, come se ogni struttura fosse già pronta a disfarsi per lasciar emergere qualcos’altro. È un ascolto che ti chiede presenza, ma che subito ripaga con quella sensazione rara di trovarsi davanti a una musica che non vuole dimostrare nulla — solo trasformarsi, e trasformarti un po’ con lei.

Pubblicato da G.T.Music Distribution di Antonino Destra per le edizioni musicali Micio Poldo, con grafica e immagine di copertina firmate da Antonello Andreani, In Absentia è un’opera che mette insieme elettronica, suggestioni progressive, proiezioni Canterbury e ombre del Rock in Opposition senza chiedere il permesso a nessun genere. Giuseppe Petrucci — polistrumentista (suona chitarra elettrica e acustica, basso elettrico, organo hammond, mellotron, piano fender rhodes, sintetizzatori) e docente di Macerata, da oltre trent’anni figura riconosciuta dell’area progressive/jazz-rock — attraversa qui territori che sfiorano anche il free jazz, affidandosi più all’incastro e al contrasto che alla melodia rassicurante Accanto a lui, Luca Mei alla batteria e Andrea Mei alla batteria, piano e registrazioni portano una pulsazione viva e imprevedibile, capace di dare corpo anche alle strutture più rarefatte.

Absent apre il disco come un varco inatteso: ti ritrovi avvolto da un movimento circolare, dove ogni suono sembra generare il successivo senza che tu possa afferrarne la logica. C’è un senso di sospensione, di respiro irregolare, che ti prepara a un viaggio senza appigli certi.

Segue Dance, che di “danza” ha più la vibrazione interna che la pulsazione ritmica. Gli impulsi si accendono e si spengono, scivolano e si interrompono, creando una coreografia invisibile ma intensa. È un brano che ti scuote piano, lasciandoti percepire il movimento sotto pelle.

Con Dualità la tensione si fa sottile e tagliente: due correnti sonore si sfiorano senza toccarsi, dialogano e si osservano, creando un gioco di specchi emotivi. È una conversazione fragile e intensa, dove il contrasto diventa linfa.

In Giardino Magnetico si apre un mondo sonoro in continuo mutamento: il mellotron e i sintetizzatori dialogano con le chitarre e l’organo Hammond, costruendo trame che si muovono e si intrecciano come elementi di un ecosistema in costante trasformazione. La sezione ritmica interviene con inventiva, contribuendo a dare forma alle strutture senza mai dominarle, lasciando che ogni elemento possa emergere e dissolversi secondo le proprie regole interne.

In/Out porta in primo piano il senso di soglia: ciò che entra e ciò che esce dalla scena sonora cambia direzione continuamente. È un percorso di aperture e chiusure, di tensioni che nascono e si dissolvono in un attimo, lasciando l’ascoltatore sospeso.

Introspetto è una pausa contemplativa, un momento in cui il disco sembra trattenere il respiro. L’inizio mette in primo piano un interessante lavoro con la chitarra acustica, con una melodia minima che lascia spazio all’atmosfera e al dettaglio sonoro. Nella seconda parte, l’elettronica prende progressivamente posizione, aprendo nuovi spazi e accompagnando l’ascoltatore verso la riflessione e la lentezza, come un invito a fermarsi e assorbire ogni sfumatura prima dell’esplorazione finale.

Con Linee ininterrotte verso il punto di discrimine il disco propone frammenti che si avvicinano, si sfiorano e si dissolvono, come pensieri notturni che non vogliono mai fissarsi. È un brano che cattura per la sua evasività e il suo flusso continuo.

Chiude il disco Transiti Liminali, dove l’atmosfera si fa sospesa e delicata. Le stesse combinazioni di suoni — elettronici e acustici — sembrano attraversare confini invisibili, creando un senso di passaggio continuo tra mondi che sfumano l’uno nell’altro. La pulsazione ritmica  sostiene il flusso con leggerezza, permettendo ai timbri di dialogare in un equilibrio fragile ma vivo, e trasformando l’ultimo brano in un’esperienza che accompagna l’ascoltatore fuori dal disco, come un respiro che rimane a lungo dopo l’ultima nota.

L’ascolto va affrontato con calma, ma chi si lascia guidare scopre una ricchezza emotiva inattesa: sotto la superficie frammentata e imprevedibile si intravede un filo sottile che tiene insieme ogni elemento, un ordine sfuggente che emerge solo se lo si osserva con attenzione.

In Absentia si chiude lasciandoti con la sensazione che il viaggio non sia davvero terminato. Ogni brano, ogni frammento sonoro, sembra un passaggio verso qualcosa che continua altrove, invisibile ma percepibile. È un disco che non si limita a raccontare o intrattenere: ti invita ad ascoltare con tutto il corpo, a lasciarti attraversare dalle tensioni, dai contrasti, dai silenzi. La materia sonora di Petrucci pulsa, respira, muta: non ci sono scorciatoie né spiegazioni facili, solo una musica in continuo divenire che ti accompagna, ti scuote e ti lascia sospeso tra consapevolezza e stupore.

Alla fine, resta la sensazione di aver attraversato territori instabili eppure coerenti, paesaggi sonori che sfuggono a ogni definizione, dove il tempo sembra dilatarsi e ogni certezza dissolversi. È un’esperienza che richiede attenzione e apertura, ma che ripaga con una densità emotiva e intellettuale rara, confermando ancora una volta la capacità di Giuseppe Petrucci di trasformare la sperimentazione in qualcosa di vivo, palpabile e in continua metamorfosi.

 English version

 Giuseppe Petrucci / Instant Curtain - In Absentia (G.T. Music Distribution, 2025)

Where every sound becomes metamorphosis and every silence turns into pulse 

In Absentia by Giuseppe Petrucci / Instant Curtain doesn’t resemble a simple album: it feels more like an initiation, a sonic threshold that carries you into a place where shapes loosen and boundaries lose definition. Now at the fourth chapter of this project, Petrucci seems to have found his own centre of gravity — a way of moving through the avant-garde without ever slipping into the coldness of pure intellectual exercise.

Here, sound never stays still for even a moment: it cracks, multiplies, sheds its skin, slides from one provisional order to another, as if every structure were already ready to break apart and let something else emerge. It’s a listening experience that demands presence, yet it immediately rewards you with that rare feeling of encountering music that doesn’t aim to prove anything — only to transform, and perhaps transform you a little along the way.

Released by G.T.Music Distribution (Antonino Destra) for Micio Poldo Edizioni Musicali, with artwork and cover image by Antonello Andreani, In Absentia weaves together electronics, progressive echoes, Canterbury influences and shades of Rock in Opposition without asking permission from any genre. Giuseppe Petrucci — multi-instrumentalist (electric and acoustic guitar, electric bass, Hammond organ, mellotron, Fender Rhodes, synthesizers) and educator based in Macerata, for over thirty years a recognized figure in the progressive/jazz-rock sphere — explores here territories that brush against free jazz, relying more on interplay and contrast than on any comforting melodic line. Alongside him, Luca Mei on drums and Andrea Mei on drums, piano and field recordings bring a vivid, unpredictable pulse, giving shape even to the most rarefied structures.

Absent opens the album like an unexpected gateway: you find yourself wrapped in a circular movement where every sound seems to generate the next before you can grasp its logic. There’s a sense of suspension, of irregular breathing, preparing you for a journey with no obvious footholds.

Dance follows — and its “dance” is more internal vibration than rhythmic pulse. Impulses flare up and fade, slide and break off, creating an invisible yet intense choreography. It stirs you gently, letting movement rise beneath the skin.

With Dualità, the tension becomes thin and sharp: two sonic currents brush past without touching, watching and responding to each other like emotional mirrors. It’s a fragile yet vivid conversation, where contrast becomes nourishment.

In Giardino Magnetico, an ever-shifting sonic world opens up: mellotron and synthesizers converse with guitars and Hammond organ, building textures that move and intertwine like elements of an ecosystem in constant transformation. The rhythm section steps in with inventiveness, helping shape the structures without overpowering them, letting each component emerge and dissolve according to its own internal logic.

In/Out brings the sense of threshold to the forefront: what enters and what exits the sonic field keeps changing direction. It’s a path of openings and closures, of tensions that appear and vanish in an instant, leaving the listener suspended.

Introspetto is a contemplative pause, a moment where the album seems to hold its breath. It begins with an intriguing use of acoustic guitar — a minimal melodic line that leaves room for atmosphere and micro-details. In the second half, electronics gradually take space, opening new paths and guiding the listener toward slowness and reflection, like an invitation to absorb every nuance before the final exploration.

With Linee ininterrotte verso il punto di discrimine, the album offers fragments that approach, brush past and evaporate like nocturnal thoughts that refuse to solidify. It captivates through its elusiveness and continuous flow.

The album closes with Transiti Liminali, where the atmosphere becomes delicate and suspended. The same blend of acoustic and electronic timbres seems to cross invisible thresholds, creating a constant sense of passage between worlds that dissolve into one another. The rhythmic pulse supports the flow lightly, allowing the textures to converse in a fragile yet living balance, turning this final track into an experience that leads you out of the album — like a breath lingering long after the last note.

This is music to approach slowly, with openness. Those who let themselves be guided will uncover an unexpected emotional richness: beneath the fragmented and unpredictable surface, a subtle thread emerges, holding everything together with a logic that reveals itself only when observed with care.

In Absentia ends leaving you with the feeling that the journey isn’t truly over. Every piece, every sonic fragment, feels like a threshold toward something continuing elsewhere, invisible yet perceptible. This isn’t a record that simply tells or entertains: it asks you to listen with your whole body, to let tensions, contrasts and silences move through you. Petrucci’s sound-matter pulses, breathes, mutates: there are no shortcuts, no easy explanations — only music in perpetual becoming, accompanying you, stirring you, leaving you suspended between clarity and wonder.

In the end, you’re left with the sense of having crossed unstable yet coherent territories, sound-landscapes that escape any definition, where time stretches and every certainty dissolves. It’s an experience that demands attention and openness, but it rewards with uncommon emotional and intellectual depth — once again confirming Giuseppe Petrucci’s ability to turn experimentation into something alive, tangible, and constantly metamorphosing.