mercoledì 3 dicembre 2025

Un viaggio tra mito e prog: il richiamo di Moby Dick | Redapolis Music Blog

Marco Bernard – Moby Dick / Undercover Deux

Marco Bernard – Moby Dick / Undercover Deux (Seacrest Oy (SCR) / Ma.Ra.Cash Records, 2025)

 Tra leggenda, prog e reinterpretazioni personali

Moby Dick / Undercover Deux è un doppio viaggio che attraversa mito, identità e memoria sonora. Marco Bernard, insieme al batterista e tecnico del mix finlandese Kimmo Pörsti e al multi-strumentista e cantante statunitense Steve Unruh — amici di lunga data — ha iniziato nel 2011 un percorso musicale con Undercover, arrivando oggi a contare ben diciannove realizzazioni in studio. Per tre di questi album il progetto ha portato il nome Bernard & Pörsti, ma l’idea alla base è sempre stata la stessa: coinvolgere per ogni disco un gruppo variegato di musicisti, che si alternano di progetto in progetto, portando ciascuno la propria sensibilità e contribuendo a creare un mosaico sonoro unico.

Il risultato è un lavoro diviso in due capitoli complementari e profondamente intrecciati: il primo è un concept album ispirato al romanzo di Melville, che trasforma la figura della balena bianca in simbolo dei nostri tempi e dell’ossessione umana, mentre l’oceano diventa metafora dell’inconscio e delle tensioni interiori. Il secondo è una raccolta di cover che rende omaggio alle radici musicali e alle passioni di Bernard, reinterpretando con cura brani di artisti storici del prog e del rock classico. Entrambi i capitoli condividono lo stesso approccio artigianale e collaborativo, che unisce diverse esperienze e linguaggi in un’unica, coerente visione musicale.

Nel corso degli anni, Bernard ha lavorato con alcuni dei nomi più prestigiosi del prog, sia italiani che internazionali: da Oliviero Lacagnina dei Latte e Miele e Alessandro Di Benedetti degli Inner Prospekt, a Marco Grieco, Octavio Stampalia dei Jinetes Negros, Luca Scherani, Mimmo Ferri e David Myers. A questi si affiancano figure iconiche del prog mondiale, come Jon Davison (Yes), Roine Stolt (The Flower Kings), Steve Hackett (Genesis), Guy LeBlanc (Camel), Robert Webb (England), Ton Scherpenzeel (Camel, Kayak), Linus Kåse (Änglagård), Rafael Pacha, Tony Riveryman, Marek Arnold e molti altri. Ogni progetto, ogni album, si trasforma così in un mosaico di talenti: un intreccio di esperienze e sensibilità diverse che Bernard riesce a guidare e armonizzare con grande maestria.

Il primo CD di Moby Dick prende ispirazione dal romanzo di Melville e trasforma la balena bianca in una guida silenziosa, simbolo delle ossessioni e delle sfide interiori, mentre l’oceano si fa metafora dell’inconscio. Bernard orchestra un paesaggio sonoro complesso ma coerente, dove ogni nota contribuisce al racconto. 

I dieci minuti di Loomings sono un piccolo universo da esplorare ad occhi chiusi. Il flauto di Giovanni Mazzotti sembra aprire porte su paesaggi lontani, sospesi tra malinconia e meraviglia, mentre le tastiere di Alessandro Di Benedetti accompagnano il racconto con delicatezza, facendo respirare la musica e lasciando spazio alle emozioni. La chitarra di Carmine Capasso entra con discrezione, mai invadente, con assoli che accarezzano l’ascoltatore e restano impressi nella memoria. La ritmica di Riccardo Spilli tiene insieme il tutto con precisione e naturalezza, adattandosi ai continui cambi di tempo senza mai interrompere il filo del viaggio. E poi c’è la voce di Michael Trew, calda e avvolgente, capace di dare corpo e respiro a questa apertura, come se ogni nota sussurrasse un piccolo segreto del mare e della balena bianca.

A seguire, The Quarter Deck apre un nuovo capitolo del viaggio. Le parti vocali curate da Marcelo Ezcurra conferiscono al brano un respiro quasi teatrale, mentre il pianoforte, discreto ma essenziale, sostiene e illumina i passaggi più intensi, come se tenesse insieme la tensione del racconto. La chitarra elettrica di Tony Riveryman interviene con tocchi misurati, colorando l’atmosfera senza mai sovraccaricarla, e il violino di Steve Unruh si insinua tra i refrain con rara sensibilità, portando con sé un’eco di inquietudine e meraviglia che accompagna l’ascoltatore lungo il ponte del Pequod.

Fastfish, Loosefish riprende l’eco del capitolo in cui Melville distingue tra ciò che è già arpionato e ciò che resta libero. In musica, questo diventa un continuo afferrare e lasciar andare, un equilibrio instabile reso con grande naturalezza dall’ensemble. Le chitarre di Sonja Kåse e Johan Öijen seguono ogni svolta della storia, come se rispondessero direttamente agli ordini del capitano, mentre il basso di Marco Bernard pulsa come una corrente profonda che trascina tutto con sé. Le tastiere e la voce di Linus Kåse danno struttura e respiro al racconto, mentre la voce di Steve Unruh aggiunge una sfumatura più narrativa, calda e luminosa, capace di dare forma alla tensione e ai momenti di quiete.
Il flauto di Giovanni Mazzotti porta un tocco d’aria e di mistero, quasi un richiamo che arriva da lontano, e la batteria di Erik Hammarström tiene insieme le correnti con sicurezza, tra cambi di tempo e improvvise aperture.
Il risultato è un quadro sonoro che trasporta l’ascoltatore nel cuore del mare aperto, tra forze che si scontrano e si liberano, proprio come nella pagina del romanzo da cui nasce.

Il Shuker “JJ Burnel” bass di Marco Bernard pulsa come il cuore della nave, mentre le tastiere e le chitarre di Mimmo Ferri aprono scenari vibranti, intrisi di attesa. La batteria di Kimmo Pörsti scandisce ogni movimento con precisione meticolosa, come un pendolo che misura il destino.
La voce di Michael Trew dà corpo alle emozioni dei marinai, oscillando tra determinazione e timore, mentre il flauto di Giovanni Mazzotti aggiunge un soffio di leggerezza, come il vento che scivola tra le vele nel silenzio prima della tempesta.
Il risultato è una narrazione musicale avvolgente, che cattura tutta la suspense e l’ossessione crescente di quel tratto decisivo del viaggio.

The Chase rappresenta il culmine del viaggio, il punto in cui tutta la tensione accumulata finalmente esplode. La scrittura di Marco Grieco dà vita a un brano drammatico e potente, capace di restituire la furia, la determinazione e l’ossessione che guidano il capitano e il suo equipaggio.
Il Shuker bass di Marco Bernard pulsa come il cuore della nave lanciata all’inseguimento, mentre le tastiere di Marco Grieco aggiungono profondità, tensione e un respiro che sembra dilatare l’orizzonte sonoro. La batteria di Erik Hammarström scandisce il ritmo con energia incessante, trasformando ogni battito in una spinta verso il destino.
La chitarra di Toni Jokinen fende l’aria con assoli taglienti, quasi come colpi lanciati contro il mare in tempesta, e la voce di Steve Unruh amplifica la drammaticità della scena, intensa, vibrante e completamente avvolgente. Un inseguimento in musica che trascina l’ascoltatore nel cuore stesso della caccia, tra adrenalina, urgenza e inevitabilità.

Epilogue chiude il viaggio con un respiro contemplativo. Il Grand Piano di David Myers disegna atmosfere intense e riflessive, mentre il basso di Marco Bernard accompagna con discrezione, come onde che sostengono il mare del racconto. Ogni nota sembra invitare l’ascoltatore a meditare sulle ossessioni, le tensioni e le sfumature dell’animo umano, mentre il brano chiude l’album con una dolcezza e una solennità che invitano a guardare indietro all’intero percorso musicale, lasciando una sensazione di quieta e profonda suggestione.

 

Anthem apre Undercover Deux, il secondo CD, con un ritmo deciso e sonorità vintage, subito coinvolgenti e trascinanti. Il basso di Marco Bernard sostiene con vigore, mentre la chitarra elettrica di Carmine Capasso aggiunge colore e tensione, senza mai sovrastare gli altri strumenti. La batteria di Ovidio Catanzaro scandisce ogni frase con precisione, mentre la voce di Sean Francis guida il brano con energia e carattere. L’atmosfera è immediata e potente: un’apertura che cattura l’ascoltatore e lo prepara a immergersi nel cuore del secondo disco.

Good Times Bad Times, classico dei Led Zeppelin scritto da Jimmy Page, John Paul Jones e John Bonham, mantiene alta la tensione con chitarre elettriche taglienti e un ritmo deciso. Il basso di Marco Bernard fa da motore al brano, mentre la chitarra di Carmine Capasso aggiunge dinamismo e colore. La batteria di Ovidio Catanzaro scandisce ogni frase con precisione, e la voce intensa di Steph Honde guida il brano, rendendo omaggio all’energia originale del pezzo e trascinando l’ascoltatore in un’autentica esplosione di rock anni ’70.

Uncle Remus, classico firmato Frank Zappa e George Duke, si apre con un pianoforte protagonista che guida ogni passaggio del brano. La voce profonda di Yannick Papail, affiancata dal coro femminile di Valentina Bruno, aggiunge sfumature e colore, mentre la chitarra di Toni Jokinen alterna momenti dolci a improvvisi sprazzi vivaci. La ritmica di Kimmo Pörsti e il basso di Marco Bernard sostengono il tutto con misura, mentre le tastiere di Marco Grieco completano il quadro con un tocco raffinato, creando un’atmosfera che oscilla tra jazz-rock e leggerezza teatrale.

Foreplay / Long Time, scritto da Donald Thomas Scholz, alterna organi maestosi e vocalità alte, creando un senso di grandezza e movimento continuo. Il basso di Marco Bernard sostiene ogni passaggio con solidità e creatività, mentre la batteria di Ovidio Catanzaro scandisce i cambi di ritmo con precisione. Le tastiere di Stefano Vicarelli aggiungono spessore e profondità, e le chitarre di Carmine Capasso (elettrica) e Steve Unruh (acustica e backing vocals) si intrecciano con eleganza. La voce di Len Audsley emerge potente e sicura, guidando il brano e rendendo l’ascolto un’esperienza dinamica e coinvolgente.

In the Dead of Night, celebre brano dei UK scritto da Eddie Jobson e John Wetton, esplode con riff energici e vocalità potenti, restituendo tutta l’intensità e il ritmo del pezzo originale. Il basso di Marco Bernard è sempre ben presente, mentre la chitarra elettrica di Toni Jokinen aggiunge incisività e colore. La batteria di Steve Unruh accompagna ogni accelerazione con precisione, e la voce di Dennis Mahon, affiancata dalle sue tastiere, domina il pezzo, rendendo l’ascolto avvincente e fedele allo spirito del classico prog-rock.

Race with the Devil on a Spanish Highway, brano di Al Di Meola, fonde un basso profondo, chitarre nitide e una ritmica staccata, creando un’atmosfera vibrante e ricca di dettagli. Il basso di Marco Bernard guida il flusso con sicurezza, mentre la chitarra elettrica di Toni Jokinen aggiunge brillantezza e dinamismo. La batteria di Hans Jörg Schmitz e le percussioni di Steve Unruh scandiscono il ritmo con precisione, e le tastiere di Marco Grieco completano il quadro con armonie raffinate. Il risultato è un brano energico e coinvolgente, capace di catturare lo spirito virtuoso e tecnico dell’originale.

Impressioni di Settembre, celebre brano dei PFM con musica di Franco Mussida e Mauro Pagani e testi di Mogol, riprende melodie classiche trasformandole in un racconto musicale delicato e nostalgico. Il basso di Marco Bernard sostiene la struttura con eleganza, mentre la batteria di Kimmo Pörsti accompagna con misura. Le tastiere, la chitarra acustica e la voce di Marco Grieco aggiungono sfumature intime e calde, e la chitarra elettrica di Toni Jokinen completa il quadro con tocchi luminosi, rendendo il brano un omaggio raffinato alla magia del prog italiano.

Stories of the Sea, brano di Marco Grieco basato su un solo di basso di Michael Manring, chiude il disco invitando l’ascoltatore a lasciarsi trasportare dalla magia del mare e dalla memoria del prog. Il Rickenbacker di Marco Bernard disegna melodie profonde e avvolgenti, mentre la batteria di Kimmo Pörsti accompagna con delicatezza, senza interrompere il flusso contemplativo. Le tastiere di Marco Grieco e la chitarra elettrica di Tony Jokinen aggiungono colori e armonie sottili. Un finale dolce e riflessivo, che chiude il viaggio con nostalgia e meraviglia.

Il viaggio di Moby Dick e Undercover Deux si chiude con un senso di meraviglia e appagamento, come l’eco di un’onda che si ritira lasciando riflessi di luce sul mare. Marco Bernard e i suoi musicisti conducono l’ascoltatore tra tempeste sonore e pause contemplative, costruendo un racconto dove tecnica, emozione e narrazione si fondono. Ogni strumento ha la sua voce: i bassi e la batteria scandiscono il passo dei marinai, le chitarre e le tastiere tracciano rotte maestose, le voci trasmettono paure, speranze e meraviglie. Undercover Deux aggiunge ulteriori sfumature: brani rock energici si alternano a momenti più intimi e lirici, creando un equilibrio tra tensione e dolcezza, tra virtuosismo e narrazione. Alla fine, quando l’ultimo accordo si dissolve, resta la sensazione di aver attraversato un mondo più grande della musica stessa: un universo di mito, memoria e identità, un viaggio che invita a tornare ancora e ancora sulle onde di un prog vivo, poetico e profondamente umano.

 English version 

Marco Bernard – Moby Dick / Undercover Deux (Seacrest Oy (SCR) / Ma.Ra.Cash Records, 2025)

Between Legend, Prog, and Personal Reinterpretations 

Moby Dick / Undercover Deux is a double journey through myth, identity, and sonic memory. Marco Bernard, together with Finnish drummer and mix engineer Kimmo Pörsti and American multi-instrumentalist and vocalist Steve Unruh — longtime friends — began the musical project Undercover in 2011, reaching today a total of nineteen studio releases. For three of these albums, the project bore the name Bernard & Pörsti, but the underlying idea has always remained the same: to involve for each album a diverse group of musicians, alternating from project to project, each contributing their own sensibility and helping to create a unique sonic mosaic.

The result is a work divided into two complementary and deeply intertwined chapters: the first is a concept album inspired by Melville’s novel, transforming the figure of the white whale into a symbol of our times and of human obsession, while the ocean becomes a metaphor for the unconscious and inner tensions. The second is a collection of covers paying tribute to Bernard’s musical roots and passions, carefully reinterpreting pieces by historic prog and classic rock artists. Both chapters share the same artisanal and collaborative approach, blending diverse experiences and languages into a single, coherent musical vision.

Over the years, Bernard has collaborated with some of the most prestigious names in prog, both Italian and international: from Oliviero Lacagnina of Latte e Miele and Alessandro Di Benedetti of Inner Prospekt, to Marco Grieco, Octavio Stampalia of Jinetes Negros, Luca Scherani, Mimmo Ferri, and David Myers. Iconic figures of world prog also contribute, including Jon Davison (Yes), Roine Stolt (The Flower Kings), Steve Hackett (Genesis), Guy LeBlanc (Camel), Robert Webb (England), Ton Scherpenzeel (Camel, Kayak), Linus Kåse (Änglagård), Rafael Pacha, Tony Riveryman, Marek Arnold, and many others. Each project and album becomes a mosaic of talent: an intertwining of experiences and sensibilities that Bernard masterfully guides and harmonizes.

The first CD of Moby Dick takes inspiration from Melville’s novel, transforming the white whale into a silent guide, symbolizing obsessions and inner challenges, while the ocean becomes a metaphor for the unconscious. Bernard orchestrates a complex yet coherent soundscape, where every note contributes to the story.

The ten minutes of Loomings form a small universe to explore with closed eyes. Giovanni Mazzotti’s flute seems to open doors to distant landscapes, suspended between melancholy and wonder, while Alessandro Di Benedetti’s keyboards accompany the narrative delicately, letting the music breathe and leaving room for emotions. Carmine Capasso’s guitar enters subtly, never intrusive, with solos that caress the listener and linger in memory. Riccardo Spilli’s rhythm section holds everything together with precision and natural flow, adapting to constant time changes without ever breaking the thread of the journey. And then there’s Michael Trew’s warm and enveloping voice, giving body and breath to this opening, as if each note whispers a small secret of the sea and the white whale.

Next, The Quarter Deck opens a new chapter of the journey. Vocal parts by Marcelo Ezcurra give the piece an almost theatrical breadth, while the piano — discreet but essential — supports and illuminates the most intense passages, as if holding together the tension of the story. Tony Riveryman’s electric guitar intervenes with measured touches, coloring the atmosphere without ever overloading it, and Steve Unruh’s violin weaves between the refrains with rare sensitivity, bringing an echo of unease and wonder that guides the listener across the deck of the Pequod.

Fastfish, Loosefish echoes the chapter in which Melville distinguishes between what has already been harpooned and what remains free. In music, this becomes a continuous grasping and letting go, an unstable balance rendered naturally by the ensemble. Sonja Kåse and Johan Öijen’s guitars follow each twist of the story, as if responding directly to the captain’s orders, while Marco Bernard’s bass flows like a deep current that carries everything along. Linus Kåse’s keyboards and vocals give structure and breath to the narrative, while Steve Unruh’s voice adds a warmer, more narrative layer, shaping tension and calm alike. Giovanni Mazzotti’s flute adds a touch of air and mystery, like a distant call, and Erik Hammarström’s drums tie the currents together securely, through tempo changes and sudden openings. The result is a sonic tableau that immerses the listener in the heart of the open sea, among forces that clash and release, just as in the pages of the novel that inspired it.

Marco Bernard’s Shuker “JJ Burnel” bass beats like the heart of the ship, while Mimmo Ferri’s keyboards and guitars open vibrant, tension-filled landscapes. Kimmo Pörsti’s drums mark every movement with meticulous precision, like a pendulum measuring destiny. Michael Trew’s voice gives body to the sailors’ emotions, oscillating between determination and fear, while Giovanni Mazzotti’s flute brings a breath of lightness, like wind slipping through the sails before the storm. The result is an immersive musical narration, capturing all the suspense and growing obsession of this decisive stage of the voyage.

The Chase represents the climax of the journey, the moment when all accumulated tension finally explodes. Marco Grieco’s writing brings forth a dramatic and powerful piece, able to convey the fury, determination, and obsession driving the captain and his crew. Marco Bernard’s Shuker bass beats like the heart of the ship in full pursuit, while Grieco’s keyboards add depth, tension, and a breath that seems to expand the sonic horizon. Erik Hammarström’s drums drive the rhythm with relentless energy, turning every beat into a push toward destiny. Toni Jokinen’s guitar slices through the air with sharp solos, like blows against the stormy sea, and Steve Unruh’s voice amplifies the drama of the scene — intense, vibrant, and fully enveloping. A musical chase that plunges the listener into the heart of the hunt, between adrenaline, urgency, and inevitability.

Epilogue closes the journey with a contemplative breath. David Myers’ Grand Piano creates intense, reflective atmospheres, while Marco Bernard’s bass accompanies discreetly, like waves supporting the story’s sea. Each note seems to invite the listener to meditate on obsessions, tensions, and shades of the human soul, closing the album with a sweetness and solemnity that encourages reflection on the entire musical journey, leaving a sense of calm and profound wonder.

Anthem opens Undercover Deux, the second CD, with a driving rhythm and vintage sonorities, immediately engaging and compelling. Marco Bernard’s bass anchors the piece with strength, while Carmine Capasso’s electric guitar adds color and tension without ever overpowering the other instruments. Ovidio Catanzaro’s drums mark each phrase with precision, and Sean Francis’ vocals guide the track with energy and character. The atmosphere is immediate and powerful, a perfect opening that immerses the listener in the heart of the second disc.

Good Times Bad Times, the classic Led Zeppelin track by Jimmy Page, John Paul Jones, and John Bonham, maintains high tension with sharp electric guitars and a steady rhythm. Marco Bernard’s bass drives the song, while Carmine Capasso’s guitar adds dynamism and color. Ovidio Catanzaro’s drums mark every phrase precisely, and Steph Honde’s intense vocals guide the track, paying homage to the original energy and immersing the listener in a true 1970s rock explosion.

Uncle Remus, a classic by Frank Zappa and George Duke, opens with a prominent piano leading each passage. Yannick Papail’s deep voice, accompanied by Valentina Bruno’s female backing vocals, adds color and nuance, while Toni Jokinen’s guitar alternates between gentle moments and sudden lively bursts. Kimmo Pörsti’s drums and Marco Bernard’s bass support the piece with balance, and Marco Grieco’s keyboards add a refined touch, creating an atmosphere oscillating between jazz-rock and theatrical lightness.

Foreplay / Long Time, written by Donald Thomas Scholz, alternates majestic organ and high vocals, generating a sense of grandeur and continuous movement. Marco Bernard’s bass anchors each passage with solidity and creativity, while Ovidio Capasso’s drums mark rhythm changes with precision. Stefano Vicarelli’s keyboards add depth, and Carmine Capasso’s electric guitar and Steve Unruh’s acoustic guitar (and backing vocals) intertwine elegantly. Len Audsley’s vocals emerge powerful and confident, guiding the piece and making the listening experience dynamic and engaging.

In the Dead of Night, a famous UK track by Eddie Jobson and John Wetton, bursts with energetic riffs and powerful vocals, capturing all the intensity and rhythm of the original. Marco Bernard’s bass remains firmly present, Toni Jokinen’s guitar adds incisiveness and color, and Steve Unruh’s drums accompany every acceleration precisely. Dennis Mahon’s voice, supported by his keyboards, dominates the piece, delivering an enthralling performance faithful to the spirit of classic prog-rock.

Race with the Devil on a Spanish Highway, by Al Di Meola, blends deep bass, crisp guitars, and staccato rhythms, creating a vibrant, detailed atmosphere. Marco Bernard’s bass drives the flow confidently, while Toni Jokinen’s guitar adds brilliance and dynamism. Hans Jörg Schmitz’s drums and Steve Unruh’s percussion mark the rhythm with precision, and Marco Grieco’s keyboards complete the sound with refined harmonies. The result is an energetic and engaging track, capturing the technical virtuosity of the original.

Impressioni di Settembre, a classic by PFM with music by Franco Mussida and Mauro Pagani and lyrics by Mogol, takes classical melodies and transforms them into a delicate, nostalgic musical narrative. Marco Bernard’s bass supports the structure with elegance, Kimmo Pörsti’s drums accompany with restraint. Marco Grieco’s keyboards, acoustic guitar, and vocals add intimate, warm shades, and Toni Jokinen’s electric guitar completes the picture with bright touches, creating a refined tribute to the magic of Italian prog.

Stories of the Sea, by Marco Grieco and based on a bass solo by Michael Manring, closes the disc, inviting the listener to be carried away by the magic of the sea and the memory of prog. Marco Bernard’s Rickenbacker bass traces deep, enveloping melodies, while Kimmo Pörsti’s drums accompany delicately, preserving the contemplative flow. Grieco’s keyboards and Tony Jokinen’s electric guitar add subtle colors and harmonies. A sweet, reflective finale closes the journey, leaving space for nostalgia and wonder.

The journey of Moby Dick and Undercover Deux concludes with a sense of awe and fulfillment, like the echo of a wave retreating and leaving glimmers of light on the sea. Marco Bernard and his musicians guide the listener through sonic storms and contemplative pauses, creating a narrative where technique, emotion, and storytelling merge. Each instrument has its voice: bass and drums mark the sailors’ steps, guitars and keyboards trace majestic routes, voices convey fears, hopes, and wonders. Undercover Deux adds further shades: energetic rock tracks alternate with more intimate, lyrical moments, creating a balance between tension and tenderness, virtuosity and narrative. In the end, as the final chord fades, the listener is left with the feeling of having traversed a world larger than music itself: a universe of myth, memory, and identity, a journey inviting return again and again to the waves of vibrant, poetic, and deeply human prog.