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| Lorenzo De Finti Quartet - Backlash of Uncertainty |
Lorenzo De Finti Quartet - Backlash of Uncertainty (Losen Records, 2025)
Tra silenzi sospesi ed energie improvvise, l’incertezza diventa musica che resta
Un viaggio tra fragilità, introspezione e improvvisazione: Backlash of Uncertainty del Lorenzo De Finti Quartet, pubblicato da Losen Records, respira come un organismo vivo, in continuo mutamento. Nato in Svizzera e oggi milanese d’adozione, Lorenzo De Finti guida il quartetto con un pianismo elegante e riflessivo, sospeso tra delicatezza nordica e tensione jazz-rock, affiancato da Stefano Dall’Ora al contrabbasso, Marco Castiglioni alla batteria e Alberto Mandarini a tromba e flicorno.
Il suono del gruppo, arricchito da sottili interventi elettronici utilizzati come naturale estensione degli strumenti acustici, si muove tra lirismo cameristico e improvvise accelerazioni, mantenendo sempre centrale il dialogo collettivo. Ogni brano nasce infatti dalla collaborazione compositiva tra De Finti e Dall’Ora, un confronto costante che trasforma idee iniziali in un linguaggio musicale condiviso, fluido e profondamente personale.
Il titolo stesso, Backlash of Uncertainty, sembra farsi specchio del nostro tempo: una condizione di instabilità permanente che, invece di paralizzare, diventa terreno fertile per la creazione. La musica si muove così tra silenzi sospesi e improvvise esplosioni di energia, dando forma a un racconto sonoro che non cerca risposte definitive, ma accompagna l’ascoltatore in un percorso fatto di ascolto, tensione emotiva e continua trasformazione.
L’apertura del disco, la title track Backlash of Uncertainty, è un pezzo in continua metamorfosi, un flusso musicale che sembra respirare insieme all’ascoltatore. Il contrabbasso di Stefano Dall’Ora, talvolta suonato con l’arco e dalle sonorità che ricordano un violoncello, guida il percorso tra passaggi meditativi e momenti più vivaci, creando un dialogo costante tra introspezione e slancio. Pianoforte, tromba e batteria si inseriscono con naturalezza, a volte sospesi, altre volte in crescendo, intrecciando melodie e dinamiche con eleganza. La traccia si conclude in sospeso, come un grande punto interrogativo sonoro, lasciando aperto uno spazio di riflessione e anticipazione per il resto del viaggio musicale del quartetto.
The Other Route That Wasn’t There si muove in territori più sospesi e misteriosi. La tromba di Mandarini alterna passaggi con il mute e senza, creando contrasti di colore e sfumature inaspettate. Il brano cresce lentamente in tensione, a tratti meditativo, a tratti più intenso, come se stesse esplorando percorsi inesistenti in un paesaggio sonoro incerto. Il dialogo tra pianoforte, contrabbasso e batteria è sottile ma presente, tessendo una trama delicata che accompagna l’ascoltatore verso un finale che svanisce dolcemente, lasciando un senso di attesa e sospensione, come l’eco di un pensiero appena sfiorato.
Nine Bridges in Königsberg prende vita dal celebre enigma dei sette ponti della città prussiana, trasformando un problema matematico in un paesaggio sonoro ricco di tensione e immaginazione. L’inizio è sospeso e sognante, come acqua immobile sotto una nebbia leggera, dove il pianoforte sembra scivolare tra riflessi e silenzi. Man mano che il brano procede, elettronica, percussioni potenti e passaggi di pianoforte libero si intrecciano, creando un senso di movimento irregolare, quasi disorientante, che riflette la frustrazione e l’ansia del puzzle da risolvere. Il finale si fa oscuro e tumultuoso, come un flusso impetuoso che travolge ogni certezza, lasciando l’ascoltatore in uno stato di meraviglia e sospensione, immerso in un enigma sonoro che vive tra caos e bellezza.
Temporary Shunt si apre con un dialogo sottile tra pianoforte, tromba e contrabbasso, quasi sussurrato, prima che la batteria entri gradualmente, introducendo un crescendo di tensione e dinamica. Il brano attraversa continui contrasti: momenti di silenziosa introspezione alternano passaggi più vivaci e sperimentali, talvolta arricchiti da tocchi elettronici che ampliano il colore sonoro del quartetto. Nel finale, il duo tra pianoforte e contrabbasso emerge con delicatezza e leggerezza, un momento sospeso che sorprende per intimità e poesia, chiudendo il brano con un senso di respiro e riflessione.
La conclusione del disco, Occam’s Razor, prende ispirazione dal principio filosofico della semplicità: la soluzione più diretta spesso è la più efficace. Il brano si muove tra strumenti acustici ed elettronica, alternando momenti sospesi e pause silenziose a sezioni improvvisative vivaci e corali. Qui il quartetto mostra tutta la propria complicità: ogni intervento sembra scaturire da un ascolto profondo, quasi telepatico, dove la libertà espressiva e il dialogo reciproco diventano protagonisti. Il finale, delicato e luminoso, dissolve lentamente le tensioni accumulate, chiudendo il disco con un senso di equilibrio e pace, come se l’incertezza che lo attraversa trovasse, per un attimo, una propria armonia.
Backlash of Uncertainty conferma la maturità artistica del quartetto, capace di trasformare dubbi e fragilità in una musica che avvolge lentamente e poi sorprende, senza mai forzare l’ascolto. È un disco in cui il silenzio non è attesa, ma presenza viva, e dialoga con improvvise accensioni di energia; dove la delicatezza dei momenti più intimi convive con passaggi di forte intensità emotiva, e ogni ascolto sembra aprire uno spazio nuovo, leggermente diverso dal precedente.
La musica di Lorenzo De Finti e dei suoi compagni non pretende di dare risposte né di indicare direzioni precise: accompagna piuttosto l’ascoltatore in una zona sospesa, fragile e sincera, fatta di respiri, tensioni trattenute e piccole liberazioni. Ogni frase, ogni tema melodico e ogni improvvisazione sembrano emergere da un ascolto profondo e condiviso, lasciando affiorare dettagli che si rivelano con il tempo. È un viaggio che non si esaurisce con l’ultima nota, ma continua a risuonare dentro, come un’eco discreta e persistente, capace di tornare alla memoria quando meno te lo aspetti.
Consiglio questo disco non solo a chi segue il jazz, ma a tutte le anime sensibili che sanno apprezzare la musica di qualità, quelle che cercano emozioni autentiche e storie raccontate con il suono.
English version
Lorenzo De Finti Quartet - Backlash of Uncertainty (Losen Records, 2025)
Between suspended silences and sudden bursts of energy, uncertainty becomes music that lingers
A journey through fragility, introspection, and improvisation: Backlash of Uncertainty by the Lorenzo De Finti Quartet, released by Losen Records, breathes like a living organism, in constant evolution. Born in Switzerland and now based in Milan, Lorenzo De Finti leads the quartet with an elegant and reflective piano voice, suspended between Nordic delicacy and jazz-rock tension, alongside Stefano Dall’Ora on double bass, Marco Castiglioni on drums, and Alberto Mandarini on trumpet and flugelhorn.
The group’s sound, enriched by subtle electronic touches used as a natural extension of the acoustic instruments, moves between chamber-like lyricism and sudden accelerations, always keeping collective dialogue at its core. Each piece is born from the compositional collaboration between De Finti and Dall’Ora, a constant exchange that transforms initial ideas into a shared, fluid, and deeply personal musical language.
The title itself, Backlash of Uncertainty, seems to reflect our time: a condition of permanent instability that, rather than paralyzing, becomes fertile ground for creation. The music moves between suspended silences and sudden bursts of energy, shaping a sonic narrative that does not seek definitive answers, but guides the listener through a path of attentive listening, emotional tension, and continual transformation.
The album opens with the title track, Backlash of Uncertainty, a piece in constant metamorphosis, a musical flow that seems to breathe alongside the listener. Stefano Dall’Ora’s double bass, sometimes bowed and with a cello-like tone, guides the journey between meditative passages and livelier moments, creating a constant dialogue between introspection and momentum. Piano, trumpet, and drums enter naturally, sometimes suspended, sometimes in crescendo, intertwining melodies and dynamics with elegance. The track concludes in suspension, like a great sonic question mark, leaving space for reflection and anticipation for the rest of the quartet’s musical journey.
The Other Route That Wasn’t There moves through more suspended and mysterious territories. Mandarini’s trumpet alternates between muted and open passages, creating contrasts in color and unexpected nuances. The piece gradually builds tension, at times meditative, at times more intense, as if exploring nonexistent paths in an uncertain sonic landscape. The dialogue between piano, double bass, and drums is subtle yet present, weaving a delicate texture that leads the listener toward a gently fading ending, leaving a sense of anticipation and suspension, like the echo of a thought barely touched.
Nine Bridges in Königsberg comes to life from the famous puzzle of the seven bridges of the Prussian city, transforming a mathematical problem into a soundscape full of tension and imagination. The beginning is suspended and dreamlike, like still water under a light mist, with the piano gliding among reflections and silences. As the piece progresses, electronics, powerful percussion, and free piano passages intertwine, creating a sense of irregular movement, almost disorienting, reflecting the frustration and anxiety of solving the puzzle. The ending becomes dark and tumultuous, like a rushing flow overwhelming every certainty, leaving the listener in awe and suspension, immersed in a sonic enigma that lives between chaos and beauty.
Temporary Shunt opens with a subtle dialogue between piano, trumpet, and double bass, almost whispered, before the drums gradually enter, introducing a crescendo of tension and dynamics. The piece traverses constant contrasts: moments of quiet introspection alternate with livelier, more experimental passages, occasionally enriched by electronic touches that expand the quartet’s sonic palette. In the finale, the piano and double bass emerge as a delicate duo, a suspended moment full of intimacy and poetry, closing the piece with a sense of breath and reflection.
The album’s closing, Occam’s Razor, is inspired by the philosophical principle of simplicity: the most direct solution is often the best one. The piece moves between acoustic instruments and electronics, alternating suspended moments and silent pauses with lively, collective improvisation. Here, the quartet shows its full complicity: every intervention seems born from deep, almost telepathic listening, where expressive freedom and mutual dialogue take center stage. The finale, delicate and luminous, slowly dissolves the accumulated tension, closing the album with a sense of balance and peace, as if the uncertainty permeating it had, for a moment, found its own harmony.
Backlash of Uncertainty confirms the quartet’s artistic maturity, capable of transforming doubts and fragility into music that envelops and surprises without ever forcing the listener. It is an album in which silence is not mere absence, but a living presence, interacting with sudden surges of energy; where the delicacy of the most intimate moments coexists with passages of strong emotional intensity, and each listen seems to open a slightly different space than the last.
The music of Lorenzo De Finti and his companions does not seek to provide answers or point the way; instead, it accompanies the listener through a fragile and sincere suspended space, made of breaths, held tensions, and small releases. Every phrase, every melodic theme, and every improvisation emerges from profound, shared listening, revealing details over time. It is a journey that does not end with the final note but continues to resonate within, like a quiet, persistent echo that returns to memory when least expected.
I recommend this album not only to those who follow jazz, but to all sensitive souls who appreciate quality music—those who seek authentic emotions and stories told through sound.

